Sentireascolare (IT)

Gudrun Gut Wildlife
Monika Enterprise DE

Cinque anni fa Gudrun Gut ci aveva stregato con I Put A Record On, quando tag come folktronica ed electroclash avevano già dato abbondatemente e lei, quintessenza di germanicità e carisma, angolava un misto di techno dub, crooning narcotico e laptoptronica che per gente come Ellen Allien, in solo e in combutta con l’amica comune AGF, erano oro colato.
Gudrun del resto è una con un curriculum importante per tutto quel post-punk virato prima industrial ed elettronico poi. Non è un caso che la quarantenne sia stata parte di uno dei primissimi organici degli Einsturzende Neubauten (di cui conserva tutt’ora un tratto industrial portante), abbia fatto parte di svariati gruppi all female negli 80s, sia finita a fare la label manager con Monika Enterprise aprendosi a nuove influenze (tra le altre cose, la label sdoganò il twee pop sempre in lingua tedesca), abbia intrapreso varie attività nel settore dell’organizzazione d’eventi, abbia lavorato come dj e non ultimo, si sia riproposta come credibile personaggio avant tra studio e live performance con Baustelle. Quest’ultimo, un album in collaborazione con la citata AGF / Antye Greie, lavoro industrial nel senso più tradizionale del termine (utilizzo di attrezzi da cantiere appunto) ma aperto a minimal, dub dalle reminescenze scorniane, al solito Moritz Von Oswald e pure a un crooning che sa essere sexy surfando sulla coolness auf berlin (Matthew Dear hai solo da imparare).
Prodotto in proprio, missato con l’aiuto di Jörg Burger e inciso fuori Berlino – a Uckermark -, il nuovo Wildlife è soltanto il secondo album a suo nome. Non deve ingannare l’immagine coordinata impostata sulla natura e il verde. Il concept organico chiamato in causa è tutto techno, nel senso di techno organica: un sound pastoso, fangoso, terrigno, che assimila i consueti elementi della musicista in un’ottica, appunto, d’insieme.
In tracklist, spicca, in negativo – nel senso di pellicola – una cover di Simply The Best, brano stereotipico 80s reso celebre da Tina Turner. Troviamo momenti di indietronica pura in Little Nothing, ma è il 4/4 a far da architrave, così come le sfumature portano a quattro angoli del pianeta da Blixa Bargeld (Erinnerung), a Armand van Helden (How can I Move), dall’Africa (Frei Sein, Tiger), al Giappone (Garten), all’America lynchiana (Mond). Tutto sottotraccia. Coi piedi piantati in terra. Sottoterra. Un album che non cerca clamori. Un disco ricchissimo di strati e angolazioni. Un lavoro di autentica e preziosa germanicità.
Edoardo Bridda
(7.0/10)
Scheda: Gudrun Gut
Pubblicazione: 18 Settembre 2012
File under: art techno